Finestre antieffrazione: sicurezza vera o solo marketing?

Le finestre antieffrazione sono un prodotto molto richiesto. I clienti vogliono una casa sicura da vivere in tranquillità e da lasciare anche per periodi lunghi senza avere pensieri.

Le aperture, per loro natura, sono il tallone d’Achille di ogni abitazione: lasciano entrare luce e aria, ma possono anche diventare un varco per i malintenzionati. Proteggerle con un elemento molto resistente sembra la soluzione naturale.

Ma queste finestre sono davvero una garanzia di sicurezza o solo un’etichetta che strizza l’occhio al marketing? E, soprattutto, sono tutte uguali? Proviamo a fare chiarezza, con un approccio pratico e realistico, per capire cosa significa progettare sicurezza senza cadere nelle promesse facili dei contenuti promozionali.


Finestre antieffrazione: come funzionano

Per prima cosa sì, le finestre antieffrazione esistono e possono offrire un valido livello di resistenza ai tentativi di intrusione (c’è un “ma” che affronteremo in seguito). Vengono realizzate rafforzando punti di chiusura, vetro e tutti quegli elementi che possono essere rotti o rimossi per favorire l’ingresso forzato.

Attenzione però. La finestra antieffrazione non è un vetro stratificato o una ferramenta specifica, è un sistema complesso e integrato, e soprattutto certificato. Senza certificazioni chiare, il rischio è di selezionare un prodotto che promette più di quanto mantenga.

A garantire la sicurezza c’è anche la posa in opera, fondamentale. Una finestra, anche la più resistente, diventa vulnerabile se il fissaggio è debole.

Dobbiamo inoltre considerare che le effrazioni avvengono spesso per scardinamento, con strumenti come piedi di porco o leve. Una finestra antieffrazione efficace deve rendere questo tipo di attacco estremamente difficile, se non impossibile. Soluzioni come le ferramenta I-tec Secure di Internorm, che collegano anta e telaio in modo integrato, sono un esempio di come la tecnologia possa alzare l’asticella della sicurezza, naturalmente sempre con un’installazione coerente alle certificazioni del prodotto.


Cosa ci dicono le classi di resistenza antieffrazione RC

Come abbiamo visto una finestra sicura è una finestra con una determinata certificazione. Tutto ciò che non è certificato secondo le norme è una promessa di marketing.

Per misurare la sicurezza di una finestra antieffrazione, esistono le classi di resistenza RC (UNI EN 1627), che vanno da RC1 a RC6. In ambito residenziale, le più comuni sono RC2 e RC3. Ecco cosa significa:

  • RC2: offre protezione contro tentativi di effrazione di base, come l’uso di attrezzi manuali semplici (cacciaviti, pinze) per pochi minuti. È adatta a contesti a basso rischio.
  • RC3: resiste a metodi più elaborati, con strumenti come piedi di porco o trapani, per un tempo maggiore. È indicata per abitazioni più esposte, come villette o case al piano terra.

A chi servono le finestre antieffrazione? Funzionano sempre?

Le finestre antieffrazione sono davvero necessarie per tutti? Dipende.

Affrontiamo adesso un aspetto molto importante. La sicurezza non è solo una questione di prodotto, ma di contesto abitativo e di come i clienti vivono la loro casa. Esistono quindi contesti più o meno adatti ad un prodotto di sicurezza, ma anche abitudini che possono rendere il prodotto stesso più o meno efficace.

Una villetta isolata o un appartamento al piano terra in una zona a rischio richiedono un livello di protezione più alto rispetto a un appartamento al quarto piano di un condominio. In quest’ultimo caso, una sicurezza base (RC1 o RC2) potrebbe essere sufficiente. Ma c’è un altro aspetto da considerare: la casa non è una fortezza.

I clienti vogliono sicurezza, ma anche vivibilità. Una finestra antieffrazione offre protezione quando è chiusa, ma chi non ama aprire le finestre per far entrare aria e luce, soprattutto nella bella stagione? In questi casi, la sicurezza va integrata con soluzioni come inferriate, che permettano di vivere al meglio la casa senza sacrificare la protezione.


Come progettare la sicurezza in casa

La finestra antieffrazione può offrire una protezione importante, ma da sola non basta. La sicurezza domestica è un puzzle che richiede più pezzi: allarmi, videosorveglianza, illuminazione esterna e altri strumenti di deterrenza.

Una finestra RC3 può resistere a un tentativo di scardinamento, ma se un ladro sa di essere osservato o rischia di attivare un allarme, probabilmente ci penserà due volte prima di agire.

A livello di consapevolezza e comunicazione, il nostro compito è aiutare i clienti a capire che la sicurezza non è solo un prodotto, ma un progetto integrato. Bisogna valutare il contesto, lo stile di vita e le esigenze specifiche.

Una finestra antieffrazione è un ottimo punto di partenza, ma va inserita in un sistema più ampio, con un’installazione curata e una strategia che elimini i possibili punti deboli.


Marketing e realtà: considerazioni finali

Il marketing ci dice spesso le cose a metà. Non è del tutto nel torto; una finestra RC3 offre davvero una valida resistenza se la teniamo chiusa. Parlare di “finestre a prova di ladro” o “sicurezza totale”, però, nasconde delle semplificazioni.

Una finestra non sarà mai “a prova di tutto”. Paradossalmente, anche un sistema RC4 o RC5, può cedere sotto un attacco prolungato e ben organizzato. Lo stile di vita e l’utilizzo effettivo dei serramenti, aprono inoltre dei punti deboli che non si possono trascurare.

Quello che possiamo fare è progettare la sicurezza su diversi fronti, con aspettative realistiche, e con l’obiettivo di ridurre al minimo rischi e punti deboli dell’edificio, quando tutto è chiuso, ma anche quando questo è vissuto e abitato.


Risorse utili

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